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Ho incontrato Ron Gilad nel cortile della sede di Danese durante la Milano Design Week. Mentre tutto fuori era euforico e concitato, Ron Gilad mi attendeva in cortile, all’ombra di un glicine in fiore, di fronte a un tavolo da giardino, nel tentativo riuscito di estraniarsi dall’agitazione di Salone e Fuorisalone, e fingere di essere altrove.

Sul tavolo un pacchetto di sigarette, un posacenere, un computer portatile spento e un vassoio con tre bicchieri d’acqua, per me, Ron Gilad e il mio amico Andrea, mio accompagnatore.

Facciamo un passo indietro: nato a Tel Aviv nel 1972, Ron Gilad è un artista israeliano che da anni crea oggetti in grado di mettere in discussione la percezione dell’osservatore.

Da novembre l’artista è direttore creativo di Danese, storica azienda italiana fondata nel 1957 da Bruno Danese e Jacqueline Vodoz.

Durante la Milano Design Week, in Villa Danese, era presente la sua installazione Fragments of life, con la nuova collezione Danese 2017, di cui abbiamo parlato.

Intervista Ron Gilad Danese Fragments of life

Intervista Ron Gilad

Essere il direttore creativo di Danese dev’essere un grande onore, ma anche una grande responsabilità. Cosa ne pensi?

È una responsabilità più grande di quello che mi aspettassi. Essendo io un maniaco del controllo, inizio a capire solo ora quanto è profondo l’oceano dentro cui sto nuotando. E, per essere onesto, io non so nuotare. Letteralmente. Immaginavo che il mio lavoro consistesse più che altro nel dirigere l’azienda o cercare l’identità che si era persa nel corso degli anni, ma in realtà l’impegno è molto più vasto.

Sono coinvolto nella progettazione del nuovo catalogo, dal contenuto all’oggetto fisico; sto ricreando il sito web, non in termini di design in questo caso, ma piuttosto in termini di concept. Questo lavoro comprende attività delle quali non mi sono mai occupato: ingegneria, produzione, costi, marketing e vendite. Non sono un esperto in nessuna di queste materie: sono un artista, ma improvvisamente comprendo che tutte le piccole conoscenze che ho appreso durante la mia vita stanno diventando molto rilevanti e devo usare queste capacità per riuscire a navigare in questo oceano.

Intervista Ron Gilad Danese Fragments of lifeIntervista Ron Gilad Danese Fragments of life

Danese

Qual è la tua visione di Danese?

[Ride] Credo sia troppo presto per fare affermazioni definitive. I primi mesi li ho dedicati principalmente a studiare la storia del brand e ho cercato di comprendere ciò che è successo dal 1957 fino a 5 mesi fa. Del resto anche novembre 2016 per me è storia. Dire ora qual è la direzione del brand è prematuro. Posso dire che il primo step è stato ridurre tutti i dubbi del passato e concentrarsi il più possibile sulla brand identity. Ho deciso di togliere dal catalogo tutti i grandi pezzi di arredo e le ricerche illumino-tecniche.

Ho provato a semplificare tutto, partendo dagli elementi base. Il catalogo è stato snellito del 60%: ovviamente abbiamo mantenuto le icone del passato anche se molte di essere sono ormai irrilevanti dal punto di vista funzionale (se pensi ai calendari e ai portapenne, l’ufficio degli anni ’50 e ’60 non è l’ufficio di oggi). La loro rilevanza è iconica, e sta nel valore culturale. Dopo aver snellito il catalogo, è stato necessario partire in una direzione: volevo seguire l’intima relazione tra imprenditore, artista e artigiano, come nel passato, concentrandomi più sulla ricerca e meno sui prodotti di consumo. Per il primo step in questa direzione ho scelto me stesso [ride]: non perché io non apprezzi il lavoro degli altri, ma perché mi fido di me stesso. Non volevo passare brief ad altri e chiedere di fare questo o quest’altro. Sapevo cosa andava fatto, e l’ho fatto.

Comunque, l’idea era quella di prendere simboli della vita di tutti i giorni e presentarli sul tavolo. Oggetti come porta-candele, orologi, vasi, specchi, portafrutta hanno delle funzioni domestiche di base: non rispondono a delle necessità particolari, ma piuttosto a piccoli desideri. Ed è da qui che siamo partiti. Quando dico nuovo però non sono completamente onesto, perché alcuni pezzi sono nuovi per la collezione, ma non per me. Ciò che ho fatto per iniziare è stato tornare a casa e aprire scatole su scatole di prototipi e vecchi schizzi. Ho scelto alcuni elementi che rappresentano ricerche passate che ancora mi incuriosiscono. Più che la funzionalità, era importante per me che contenessero un’idea, e che fossero fatti di uno o due materiali con tecnologie non avanzate. Niente di complicato. Niente di troppo grande.

Intervista Ron Gilad Danese Fragments of lifeIntervista Ron Gilad Danese Fragments of lifeIntervista Ron Gilad Danese Fragments of life

Arte e design

Vorrei chiederti qualcosa su di te, sulla tua visione personale. Qual è secondo te la differenza tra arte e design?

Credo che di base il confine sia la funzione fisica. Questa è la definizione che puoi trovare su Wikipedia, credo. L’arte non deve avere necessariamente una funzione fisica, ma piuttosto deve suscitare una reazione intellettuale o emozionale; mentre il design deve rispondere a una determinata necessità fisica. Un oggetto di design però può sopravvivere come oggetto d’arte quando non è in funzione: possiamo apprezzare una sedia anche se non ci sediamo, possiamo valutare un vassoio anche se non lo prendiamo in mano. Arte e design possono essere valutati entrambi con gli occhi: questo è il loro spazio comune. In più il design deve essere anche valutato con il corpo.

Intervista Ron Gilad Danese Fragments of life

Fragments of life

Parliamo di Fragments of life, che tipo di installazione è?

Fragments of life è il titolo dell’installazione, ma è anche qualcosa di più. Durante il primo o il secondo incontro con Carlotta de Bevilacqua lei mi ha chiesto: “Che cos’è Danese per te?” Le ho detto che per me Danese non è un’azienda di illuminazione, né di arredo e neanche di accessori. Le ho detto che a mio parere Danese è un catalogo di frammenti di vita. Non è un titolo, è stata solo la mia prima reazione. E così lei ha detto “Wow. Questo è il titolo”. Tornando all’installazione, non ho provato a creare un’atmosfera, qualcosa di connesso con il lifestyle o un luogo in cui una persona può voler stare tutto il tempo. Sono solo frammenti, sono oggetti che auspicabilmente le persone vorrebbero possedere.

Intervista Ron Gilad Danese Fragments of lifeIntervista Ron Gilad Danese Fragments of life

Pisa, Torcello e Venezia

Questa è una domanda che faccio in tutte le mie interviste. Vorrei concentrarmi sui tre candelabri che hai disegnato per Danese. Racconta Pisa, Torcello e Venezia come se dovessi descriverli a una persona che non può vederle.

Provare a descrivere ciò che creo a una persona che non è in grado di vedere è molto complesso. Tutti i miei lavori partono da piccoli gesti, da qualcosa di delicato, gentile, difficile da spiegare a parole. Comunque ci provo: questi tre oggetti sono parte di una mia vecchia ricerca sulla relazione tra gli oggetti e le superfici su cui gli oggetti sono appoggiati. Ciò che volevo fare era confondere le nostre consapevolezze rispetto alla stabilità e alla fragilità di una superficie. Si tratta di tre blocchi di legno molto semplici che sono stati sommersi (idealmente, non fisicamente) nel tavolo. Un portacandela molto piccolo è stato appoggiato su questi blocchi e il tutto è bilanciato come in un fermo immagine. Questa dinamica viene enfatizzata dall’inserimento della candela.

Intervista Ron Gilad Danese Fragments of lifeIntervista Ron Gilad Danese Fragments of life

Così si chiude questa intervista Ron Gilad.

Qui potete trovare tutte le mie INTERVISTE:

ALE GIORGINI

PAOLO DEMO

LETIZIA IANNACCONE

ALBERTO GHIRARDELLO

MENEGHELLO PAOLELLI ASSOCIATI

ANDREA ANTONI