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Nel 1925 nasce la sedia Wassily di Marcel Breuer. Erano i Roaring Twenties, gli anni ruggenti del progresso, della musica jazz, delle souffragette e dell’arte déco e la Wassily Chair sembra tracciare una linea tra arte e architettura, unendo il Bauhaus e il famoso artista Wassily Kandinsky: ora ti racconto perché.
Iniziamo da Bauhaus. Fondata nel 1919 da Gropius a Weimar, la scuola tedesca di design si pose subito nel panorama europeo come punto di riferimento del movimento moderno e promotrice della collaborazione tra discipline creative come parte di un progetto utopico. La sede venne trasferita nel 1925 a Dessau e nel 1932 a Berlino e vide gli insegnamenti di figure fondamentali nella storia del design.
Marcel Breuer emerge in questo contesto, di origine ungherese, studiò al Bauhaus di Weimar, per ritornarci nel 1925 come insegnante. Fu grazie a Breuer che vennero introdotte nuove ricerche sul tubo metallico, elemento fondamentale per il design degli anni Venti; ma anche (e soprattutto) per la sedia Wassily.
Le Origini della Sedia Wassily di Marcel Breuer
Originariamente, pare che la Wassily Chair venne progettata da Marcel Breuer per la residenza a Dessau del collega costruttivista Wassily Kandinsky, dal quale prende il nome (per questo motivo, spesso la sedia Wassily viene chiamata Kandinsky Chair). Sembra, inoltre, che l’innovativa scelta di utilizzare il tubo metallico sia stata ispirata dal modello di bicicletta Adler, posseduta da Breuer; cosa è sicuro, invece, è la totale novità dei materiali.
Inizialmente la Wassily Chair fu prodotta dalla società fondata dallo stesso Breuer, la Standard-Möbel Lengyel che nel 1929 fu assorbita dalla Thonet, azienda viennese pioniera nell’industria del mobile, nata nel ‘700.
Materiali
Tubo metallico per la scocca, e l’eisengarn per il rivestimento in tessuto. Il primo è un elemento che viene trattato da Breuer in maniera molto particolare, viene modellato in maniera continua, senza innesti né interruzioni. Si crea così una struttura unica e sinuosa, una gabbia portante a cui viene applicato poi l’eisengarn. Quest’ultimo è un tessuto prodotto con un filato di cotone trattato con cera e paraffina che successivamente viene calandrato su una macchina rifinitrice. Ne risulta un tessuto molto robusto e resistente di mano rigida.
Attualmente, il tessuto è disponibile in otto diversi colori, anche se il colore originario era il nero.
Il merito che dobbiamo riconoscere è a Breuer è proprio quello di aver apportato un’innovazione di significato al mondo dell’arredamento, che ancora oggi vive; La Wassily è il segno di un periodo di gran fervore e vitalità per il design europeo: i maggiori esponenti del movimento moderno e del razionalismo erano impegnati nella ricerca e nell’uso di materiali nuovi, esplorando le loro potenzialità e i loro limiti.
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via operaprimaitalia.it
Che venga chiamata Wassily Chair o Kandinsky Chair, io trovo che questa sedia sia la dimostrazione di come il design abbia la capacità di raccontare un’epoca, pur resistendo ad essa in tutta la sua estetica.
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[…] all’invenzione di un tessuto realizzato con un filato di ferro, l’instabilità della sedia di Marcel Breuer che oggi conosciamo come Wassilly. E Lilly Reich realizzò i cuscinetti di cuoio della famosa MR di Mies van der Rohe dando un […]
[…] L’elemento innovativo della sedia Wassily deriva in particolare dalla scelta di utilizzare un tubo metallico per la scocca, modellato in maniera continua e senza alcun innesto. Tale processo di curvatura fu una novità introdotta dall’acciaieria tedesca Mannesmann, che in quegli anni aveva lanciato delle tubazioni in metallo prive di giunture. Un’altra novità è costituita dalla scelta dell’eisengarn per il rivestimento esterno. Si tratta di tessuto prodotto con un filato di cotone trattato con cera e paraffina e calandrato su una macchina rifinitrice, che rende la sedia robusta e resistente. Il merito degli esponenti della Bauhaus fu proprio quello di impegnarsi nella ricerca nuove forme espressive, sia attraverso l’utilizzo di materiali alternativi che con l’impiego di tecniche produttive inedite. […]