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Ho incontrato Barbara, designer de l’Opificio, per la prima volta a Parigi a Maison&Objet. Sua sorella Paola mi aveva detto che sarebbe stato difficile farle un’intervista, perché non ama raccontarsi, ma tra noi è scattata una naturale sintonia, che ci ha portato a parlare di colori, forme, trend e design.
Sono passata a trovare l’Opificio al Salone del Mobile a Milano, sperando che Barbara avesse voglia di rispondere alle mie domande e anche questa volta l’intervista è diventata una lunga chiacchierata su temi che entrambe amiamo.
Le fotografie che troverai in questo post sono tutte scattate da Davide al Salone del Mobile, e mostrano le nuove collezioni e lo stand de l’Opificio.
Intervista a Barbara Bertoldo
Come funziona il processo creativo di un designer di tessuti?
Penso che il processo creativo sia pertinente e diverso da persona a persona: puoi trovare stimoli, input e idee davvero dappertutto, anche in maniera molto semplice. Non sempre è richiesta una ricerca sofisticata, su libri o manuali storici: io, ad esempio, sono molto attratta dai colori, e la mia attenzione viene catturata in modo semplice e spesso inconscio. Osservo gli altri e rimango colpita dai dettagli.
Immagino che da una parte esista una componente creativa propria della mia indole e dall’altra una parte di consapevolezza. Quando hai venticinque anni, hai studiato e inizi a mettere in pratica le tue conoscenze teoriche capita che si attivino delle sensazioni e il tuo intuito inizi a esercitarsi, ma non sai ancora quali siano i processi che si attivano in te. Oggi, dopo anni di esperienza, conosco me stessa e i miei meccanismi: è come se ogni esperienza da me vissuta si fosse depositata in vari strati fino a permettermi di personalizzare un mio pacchetto, un mio metodo e un mio modo di operare…ci possono essere similitudini con altri, ma onestamente non ho mai indagato sui processi creativi di altri designer.
Dall’ispirazione alla realizzazione
Dove trovi la tua ispirazione?
È abbastanza casuale: come in ogni lavoro creativo, ci sono i giorni no e i giorni attivi in cui tutto sembra più semplice.
In quei giorni, è come se le idee si incastrassero l’una con l’altra fino a creare immagini più nitide.
Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma non so mai dove lo troverò: a volte l’ispirazione arriva guardando i vestiti di un ragazzo, a volte durante una passeggiata. È tutto piuttosto casuale, ma nel complesso è ben salda in me la storia dell’azienda.
Cosa succede dopo il concept?
Dopo il concept assemblo le informazioni, mi confronto con i tecnici, valutiamo insieme le qualità di tessuto e incominciamo a fare le prove: mettiamo a punto i disegni, definiamo i rapporti, valutiamo le produzioni.
Nel 90% dei casi i tentativi vanno a buon fine; a volte invece succede che il risultato non corrisponda alle aspettative. Siamo nel 2018: la tecnica e l’artigianalità sono ai massimi livelli, ma ci sono comunque ancora alcuni vincoli tecnologici che possono bloccare il lavoro e non permettermi di raggiungere il risultato che immagino.
Una volta definito il disegno e il materiale, prepariamo le prove colore.
L’importanza dei colori
Chi si occupa della selezione dei colori?
La selezione di colori va fatta per gradi: è un po’ come scegliere un profumo. A un certo punto arrivi a un livello di saturazione e rischi di essere ripetitivo. Considera che di 150 prove di colore si deve arrivare a 15 varianti quindi la selezione è impegnativa; ogni step di selezione va fatto decantare per alcuni giorni sempre valutando ogni progetto rispetto alle collezioni precedenti. Questa selezione la facciamo io e Paola, in modo da essere sicure di distinguere l’indole e il gusto personale dal valore delle nostre collezioni. Devo dire però che difficilmente ci lasciamo guidare soltanto dagli aspetti commerciali: la necessità di rinnovare è alta e se ci si lascia guidare da questi aspetti il rischio è di rimanere sempre un passo indietro.
Arte e design
Una domanda che faccio a ogni mia intervista: qual è la differenza tra arte e design?
Ti direi che l’arte è ciò che rimane nella storia, mentre sul design sono in difficoltà: prima di tutto perché credo che design sia una parola molto inflazionata.
L’idea che ho ora è che molto spesso si replichino concetti creativi che sono stati la novità degli anni ’20-’30-‘40. Ciò che mi alletta di più è provare a capire i meccanismi di quegli anni, quando progettare un palazzo con l’ascensore esterno era una cosa folle. Nel mio immaginario quello è design. Oggi sono pochissimi i personaggi che possono essere classificati come designer.
Qual è il trend che stai aspettando e cosa ne pensi dell’Ultraviolet?
A livello di trend sono curiosa di capire se ci sarà un revival delle arti decorative. Ora l’artigianato sta diventando una moda, una sorta di spada con cui le aziende si fanno forza…io sono curiosa di capire se le arti decorative torneranno davvero.
Per quanto riguarda invece l’Ultraviolet, adoro questo colore, che è tra i miei preferiti insieme all’arancio vivo e al verde celadon.
>>> a proposito di Ultraviolet, guarda la MOODBOARD dedicata!
A casa di Barbara
Mi racconti un oggetto di casa tua a cui sei affezionata?
Torno sempre sui colori. Ho una piccola collezione di vasi. Dico piccola perché anni fa avevo deciso di utilizzare una vetrina inserendo dei vasi e ho deciso di circoscrivere la collezione a quel mobile, che ora è pieno. I vasi sono di vetro, quasi tutti tinta unita: quello che mi piace è vedere il collegamento che c’è tra un colore e l’altro. Quel blocco di colore ora è come un quadro per me. Considera che ho cominciato assolutamente per caso con quattro o cinque vasi, poi il caso mi diceva di comprare altri vasi, ai mercatini, nei negozi: è così che si è innescato il meccanismo della ricerca dell’abbinamento perfetto. Altezza, dimensione, colore.
Quello è il mio punto di luce, è il luogo che guardo quando entro a casa per sentirmi bene.
Come ti descriveresti a una persona che non ti conosce e che non conosce il tuo lavoro?
Sono molto curiosa e trovo che le cose belle siano la miglior fonte d’ispirazione.
Mi affascina l’ispirazione casuale, mi affascina il genio creativo, mi affascina la curiosità stessa.
Trovo che la curiosità sia il motore che muove la creatività e trovo che da questo punto di vista gli italiani abbiano un passo in più.
>>> Qui puoi trovare tutte le mie INTERVISTE
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