La 16^ Biennale Architettura di Venezia si è appena conclusa; si fa testimone del concetto di Freespace, interpretato come “la generosità di spirito e il senso di umanità che l’architettura colloca al centro della propria agenda”. Il tema, cioè, interroga lo spettatore e lo invita a riesaminare il proprio modo di vedere l’architettura, che diventa la prima responsabile del benessere e della dignità di ogni abitante di questo fragile pianeta.

È stato in particolare il padiglione della Svizzera a generare una reazione molto forte da parte mia; vincitore non a caso del Leone D’Oro, l’allestimento curato da Alessandro Bosshard, Li Tavor, Matthew van der Ploeg e Anihervaara permette di esplorare in maniera interattiva e stimolante gli interni di un’abitazione totalmente privi di arredamento. Si tratta cioè di un volume di ±240 centimetri con pareti bianche, battiscopa, pavimenti in legno o piastrelle e componenti e rifiniture standard.

biennale architettura padiglione svizzera 240

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Lo spettatore entra in un ambiente che si configura in una serie di stanze consecutive, come a creare una sorta di labirinto bianco, in cui si susseguono elementi di dimensioni diverse; da porte molto piccole sotto le quali è necessario chinarsi, a quelle giganti tanto da risultare difficili da aprire. Ci si imbatte inoltre ora in superfici piane molto alte da raggiungere, ora in ripiani posizionati eccessivamente in basso.

Il visitatore (me compresa!) si ritrova quindi a vagare in una casa totalmente surreale e a giocare con le illusioni prospettiche create apposta per generare spaesamento in chi le guarda.

biennale architettura padiglione svizzera 240

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House Tour

La verità è che dietro alle scelte dei curatori del padiglione c’è la volontà di proporre un’immagine della casa. Sono state raccolte un gran numero di fotografie di ambienti interni senza arredi tratte dai siti internet di studi di architettura svizzeri. Le stanze bianche e spoglie rimandano ad un’ idea di razionalità e neutralità simile a quella che si ritrova nelle sale delle gallerie di arte contemporanea o nelle aule delle chiese protestanti.

Queste fotografie vengono molto sovente utilizzate per far compiere al cliente un House Tour virtuale, il quale però possiede un paradosso intrinseco; non restituisce cioè le reali dimensioni dell’appartamento, riducendole tutte allo stesso piano percettivo. Così facendo, l’involucro interno dell’appartamento risulta temporaneamente rimosso dal contesto e lo sfondo architettonico diventa il protagonista. 

Utilizziamo questa iconografia come un invito o un’opportunità per riportare l’immagine o l’aspetto visuale della casa al centro dell’attenzione architettonica e per rivalutare il suo ruolo nel contesto attuale.

Tramite un processo di defamilirizzazione e straniamento, così, anche gli elementi più banali come i ripiani diventano totalmente estranei. È come se fosse la prima volta in cui lo spettatore vede la casa. Un vero e proprio House Tour, insomma.

biennale architettura padiglione svizzera 240

Il premio

Il motivo per cui la Svizzera si è aggiudicata il Leone d’Oro è stato il seguente.

“Un’installazione architettonica piacevole e coinvolgente, ma che al contempo affronta le questioni chiave della scala costruttiva nello spazio domestico”.

Si riallaccia inoltre in modo diretto con il tema del Freespace. La proposta è di reindirizzare lo sguardo verso una consapevolezza dell’abitazione non solo come efficienza planimetrica, ma anche verso le qualità specificatamente visive e materiali.

Insomma, la Svizzera ha colto nel segno: le persone escono con il sorriso dal padiglione, visibilmente divertite; questo vuol dire che se anche il messaggio non è stato colto appieno, lo straniamento ha avuto luogo e l’obiettivo è stato raggiunto.

>> Sempre in tema Venezia, leggi il post su Homo Faber

 

Immagini via biennials.ch