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Ho incontrato per la prima volta Nicolò un mese fa. Ci siamo dati appuntamento a Torino, in un bar del Quadrilatero, dove lui mi ha portato una sua opera che avevo acquistato.
Anche se, in realtà, il Nicolò artista lo conosco da molto, molto di più. Avevo iniziato ad amarlo con le sue prime opere a pastello: delicate illustrazioni che rappresentano piccoli personaggi in movimento, nell’atto di fiorire e spingersi oltre i confini delle cose e del corpo; per innamorarmi poi della potentissima grazia che scaturisce dai lavori più recenti, comunicando una forza inedita.
Nicolò non è torinese in senso proprio. È nato in una paese di provincia, dove ha trascorso parte dell’adolescenza; il liceo però lo frequenta a Torino, così come l’università, ma dopo qualche anno di fisica decide di iniziare un corso di illustrazione; ed è proprio da qua in avanti che inizia a delinearsi il percorso che lo ha portato a identificarsi come il Nicolò Canova artista.
Nicolò e Torino
Sento un legame molto forte tra Nicolò e la città di Torino fin dal suo primo progetto, L’Ufficio Moderno, fondato con Serena Campelli. È nato con l’idea di essere un laboratorio, una fucina di idee e coworking. Tuttavia non sempre è facile avere a che fare con le condizioni climatiche torinesi, l’umidità rendeva infatti invivibile sfruttare a pieno il laboratorio. Quindi, fisicamente l’Ufficio Moderno non esiste più, ma continua a vivere in un certo senso.
Ma c’è Torino anche e soprattutto nel progetto “Dare Colore a Torino”, realizzato per il blog Le Strade di Torino, in collaborazione con Serena. L’idea è nata qualche anno fa: si tratta di dare un tocco divertente ad alcune vecchie stampe della città con decorazioni a olio e conferendo così un tocco surreale e pop. Le bancarelle di Porta Palazzo diventano carte di caramelle, la mole una montagna da scalare per una lumachina e la chiesa della Gran Madre dispensatrice di petali colorati.
Tecniche
Intravedo la volontà di sperimentare tecniche sempre diverse in tutto il percorso di Nicolò, ma ce n’è una in particolare che sembra essere la prediletta. E, come in effetti mi confessa anche lui, è proprio la pittura a olio con la sua sinuosa eleganza a essere la sua preferita: “Amo sperimentare con tecniche e materiali diversi, ma l’eleganza, la pazienza e la morbidezza dell’olio non la eguaglia nessuno”.
Quella morbidezza emerge in figure senza volto o dai tratti poco definiti, come se il colore catturasse qualsiasi carattere fisionomico del ritratto e ci dicesse: “Ehy, guarda che potresti essere tu, se vuoi, immedesimati!”. I personaggi si fondono così tra loro e con le cose: la pittura di Nicolò insomma mi fa pensare a un lungo abbraccio panteistico che dà felicità e leggerezza a chi la guarda.
Dopo un’oretta passata a chiacchierare, ci salutiamo; io con sottobraccio un suo disegno a pastello me ne torno verso casa e ripenso alla frase in risposta alla mia domanda:
– Si può vivere di sola arte?
– Diciamo che non bisogna aver paura di provarci.
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