Laureato in Interior Design allo IED di Milano, Federico Peri (1983) si è trasferito a Parigi grazie a una borsa di studio e ha individuato come fulcro del proprio interesse quella speciale tensione sinergica che esiste tra periodo storico e contemporaneo. Rientrato a Milano, ha avviato il suo studio occupandosi principalmente di progettazione d’interni e arredo e collaborando prima con Gallerie di design e poi con aziende del settore come Fontana Arte.
Ho conosciuto Federico tre anni fa a Operae a Torino e da allora seguo attentamente il suo lavoro. A Maison&Objet mi ha raccontato dei suoi ultimi progetti e di quelli che sta preparando per il Salone del Mobile, senza svelarmi troppi dettagli per scaramanzia. Il suo lavoro è unico e ciò che mi colpisce ogni volta è la sua capacità di essere netto e allo stesso tempo delicato, nella vita e nel design.
L’intervista a Federico Peri
Se ti dico design italiano, qual è la prima immagine che ti viene in mente.
Mi vengono in mente i maestri ai quali mi ispiro, primo tra tutti Carlo Scarpa.
Qual è la differenza tra arte e design?
Banalmente, il design risponde a delle necessità, mentre l’arte è più libera. In realtà oggi le due discipline si stanno quasi accavallando grazie alla presenza delle Gallerie di design.
Come definiresti il tuo lavoro?
Cerco di essere onesto nella e con la materia: non amo la plastica, uso il materiale che invecchia e cambia nel tempo invocando il potere e la bellezza.
Qual è l’oggetto di casa tua a cui sei più affezionato?
Una cosa ridicola: uno scalda muffin. Lo usavano alla fine dell’800 nei castelli per portare i muffin dalle cucine alla sala da pranzo che erano molto lontane. È una ciotola in argento che accoglie l’acqua calda con un vassoio sopra e un coperchio
Se potessi rinascere in un’altra epoca, quale sceglieresti?
Sicuramente a cavallo tra ‘800 e ‘900.
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fotografie di Davide Buscaglia
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